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Le origini di Torre Mondovì


Il più antico documento riguardante le origini di Torre (il cui nome sembra derivare da un’antichissima torre posta al centro del castello medievale abbattuto nel 1440) risale al 1159 e si tratta di un atto di donazione fatta al vescovo di Asti da Rodolfo di Monteacuto il quale cede quanto possiede “nei castelli e nei luoghi di Torre e di San Michele”. Un’ulteriore donazione di possedimenti nei castelli e luoghi di Torre e San Michele, sempre a favore del vescovo di Asti, venne fatta pochi anni dopo (1163) dai fratelli Enrico, Aicardo e Bonifacio di Carassone. E’ quindi questa l’epoca in cui inizia una lenta erosione da parte del Vescovato d’Asti delle proprietà e del potere feudale dei signori locali. Tale erosione prosegue e si consolida nel secolo successivo quando, nel 1212, Enrico di Torre ed il nipote Manfredo cedono i propri possessi feudali al vescovo di Asti, seguiti nel 1213 da nuovi discendenti della casata dei Carassone.
I descritti passaggi di proprietà sono particolarmente importanti perché determinarono una nuova distribuzione dei poteri: inizialmente i signori di Torre erano vassalli diretti dell’imperatore a cui solo dovevano rispondere, mentre successivamente alle donazioni si sottomisero anche al vescovo di Asti. La fedaulità originaria di queste terre viene quindi soppiantata dal potere della chiesa d’Asti, potere destinato a durare per molti secoli.
La storia dalla seconda metà del 1100 in poi è abbastanza chiara grazie alle precise raccolte documentarie prodotte, conservate e tramandate dalla chiesa di Asti, risultano abbastanza incerte le informazioni sui periodi precedenti. Unico documento antecedente al 1100 (citato nel “Dizionario Geografico degli Stati Sardi” del Casalis) ma quasi sicuramente apocrifo, è un atto datato 10 settembre 911 in cui venivano stabiliti i limiti del territorio di Torre con quelli di Montaldo, Monasterolo, Pamparato, Roburent, Montaldo e Vico.
L’origine della feudalità locale può essere fatta risalire ad un periodo che va dall’inizio del 900 fino alla seconda metà dello stesso secolo, nata spontaneamente dai capi della lotta contro le scorrerie dei Saraceni. Uno in particolare dei signori locali, il sopra citato Rodolfo di Monteacuto, professava di vivere secondo “legge romana”, fatto questo che sembra collegare la feudalità di questi luoghi (o almeno di parte di essa) addirittura alle più antiche popolazioni locali, discendenti da coloni romani. La prova di tale discendenza si ha anche dal fatto che in Torre Mondovì è possibile vedere due stele di arenaria di epoca romana. Una si trova nella cappella di Sant Elena, all esterno della chiesa (in fondo a sinistra ad angolo del muro della cappella, a un altezza di due metri da terra, posta in orizzontale). L’altra si trova all ingresso della suddetta cappella, utilizzata come gradino. In testi e racconti viene spesso citatata un altra lapide, rinvenuta tra la cascina Ciape e la cascina Nuova di Costacalda, che risulta però irreperibile. Nel Cuneese sono state scoperte diverse stele romane di individui appartenenti a varie tribù: alla Quirina, cui appartenevano i cittadini di Borgo San Dalmazzo (allora Pedona); alla Pollia (i cittadini di Pollentia) in particolar modo a Centallo, mentre alla Camilia erano inseriti gli abitanti al di là del Gesso, appartenenti alla Comunità di Augusta Bagiennorum (oggi Bene Vagienna). I vescovi di Asti furono già proprietari dal secolo XI. Diventarono signori di Torre Mondovì: i Torre, i Carassone, i Ceva, i Perletta. In seguito appartenne ai Vasco, ai Provana, ai Morozzo ed ai Filippone. Con riferimento al territorio di Torre Mondovi, il ritrovamento dei sopra citati reperti romani oltre che in Vicoforte, Montaldo e Pamparato rivela un unità antica incentrata su di un “pagus” (federazione di centri minori denominati vici, tra cui l’attuale Vicoforte doveva essere il principale).
Dal XII al XVII secolo si avvicendarono nel governo di Torre varie famiglie di feudatari: dai Carassone ai Vico (XII sec.), dai Marchesi di Ceva ai Peletta (XVI sec.), dai Vasco ai Provana, dai Robbia ai Morozzo ai Castruccio di Magliano (XVI e XVII sec.)